Operatore del settore alimentare e origine di provenienza: identificazione in etichetta e differenze
Il Regolamento UE n. 1169/2011, come ricordato in precedenti articoli, impone la presenza di una serie di informazioni obbligatorie che devono essere presenti sull’etichetta del vino, e tra queste deve essere riportata anche l’indicazione del c.d. operatore del settore alimentare (osa)
Nello specifico, l’art. 8 del Regolamento UE n. 1169/2011 prevede che il soggetto responsabile delle informazioni sugli alimenti è l’operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore non è stabilito nell’Unione, l’importatore nel mercato dell’Unione; tale disposizione è ripresa anche dal successivo art. 9 del medesimo Regolamento che, nell’elenco delle informazioni obbligatorie, prevede la presenza del nome o della ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare. Tale soggetto può essere indicato tramite la rappresentazione di un marchio purché posto nel campo visibile principale della confezione e individuabile dal consumatore.
Occorre sottolineare inoltre che per soggetto responsabile delle informazioni sugli alimenti non si intende il soggetto che deve garantire per il prodotto in sé, ma bensì si intende il soggetto designato che assicura la presenza e l’esattezza delle informazioni sugli alimenti, conformemente alla normativa applicabile in materia di informazioni sugli alimenti e ai requisiti delle pertinenti disposizioni nazionali (art. 8 Reg. UE n. 1169/2011), circoscrivendo in modo chiaro la responsabilità alle sole informazioni sugli alimenti.
Più in particolare, per quanto qui di interesse e quindi riguardo alle etichette del vino, il Regolamento UE n. 1308/2013, all’art. 119, prevede che tra le informazioni obbligatorie sia riportata l’indicazione dell’imbottigliatore o, nel caso del vino spumante, del vino spumante gassificato, del vino spumante di qualità o del vino spumante aromatico di qualità, il nome del produttore o venditore e l’indicazione dell’importatore nel caso dei vini importati.
Pertanto, quale regola generale – fatta eccezioni per alcune qualità di vino sopra specificate – responsabile delle informazioni sulle etichette del vino sarà l’imbottigliatore.
Operatore del settore alimentare e indicazione di origine di provenienza del prodotto: differenze
A questo punto, occorre fare una ulteriore precisazione: non bisogna confondere l’indicazione dell’operatore del settore alimentare con l’indicazione di origine o di provenienza del prodotto. Queste due informazioni potrebbero sembrare tra loro sovrapponibili, ma rappresentano in realtà due informazioni del tutto diverse tra di loro.
In primo luogo, l’indicazione di origine o provenienza– a differenza dell’indicazione dell’operatore del settore alimentare – non è sempre obbligatoria in etichetta.
Prima di andare ad analizzare se nel caso dei prodotti quali vino, birra e bevande spiritose tale indicazione è obbligatoria o meno, occorre specificare cosa si intende per luogo di origine o luogo di provenienza.
Con l’indicazione “luogo di origine” si identifica con il paese dell’ultima trasformazione sostanziale del prodotto ed, in particolare, se il prodotto è ottenuto in due o più paesi o territori si guarderà allo Stato in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione (come definito dal Codice Doganale, Reg. UE 952/2013 e s.m.i.).
Diversamente, il Regolamento UE n. 1169/2011 definisce, all’art. 2, paragrafo 2 lett. g), il “luogo di provenienza” come qualunque luogo indicato come quello da cui proviene l’alimento, ma che non è il “paese d’origine” come individuato ai sensi degli articoli da 23 a 26 del Regolamento (CEE) n. 2913/92; il nome, la ragione sociale o l‘indirizzo dell’operatore del settore alimentare apposto sull’etichetta non costituisce un’indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza del prodotto alimentare ai sensi del regolamento. Il legislatore ha quindi voluto espressamente prevedere che l’indicazione dell’operatore del settore alimentare non possa sostituire l’indicazione del luogo di provenienza o di origine del prodotto.
Tenendo a mente questa differenza, ai sensi dell’art. 26 del Regolamento UE n. 1169/2011, l’indicazione dell’origine di provenienza o di origine è obbligatoria nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o al luogo di provenienza reali dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza. È quindi una indicazione rimessa alla valutazione degli operatori del settore che, nell’ambito di una valutazione complessiva della confezione del prodotto, dovranno tener conto di quanto precede. L’etichettatura dei vini è però soggetta ad ulteriori disposizioni, specifiche per tale settore. Ad esempio, ai sensi dell’art. 119 del Regolamento UE n. 1308/2013, nell’etichetta del vino è obbligatoria l’indicazione della provenienza. Tale norma è stata successivamente integrata dall’art. 45 del Regolamento delegato UE n. 33/2019, che prevede che l’indicazione della provenienza debba essere realizzata come segue: |
a) per i prodotti vitivinicoli – quali vino, vino liquoroso, vino spumante, vino spumante di qualità, vino spumante di qualità del tipo aromatico, vino spumante gassificato, vino frizzante, vino frizzante gassificato, vino ottenuto da uve appassite e vino di uve stramature – utilizzando i termini «vino di […]», oppure «prodotto in […]», oppure «prodotto di […]» oppure «sekt di […]», o termini equivalenti, completati dal nome dello Stato membro o del paese terzo nel quale le uve sono state vendemmiate e vinificate;
b) per i vini ottenuti da una miscela di vini originari di diversi Stati membri, utilizzando i termini «vino dell’Unione europea» oppure «miscela di vini di diversi paesi dell’Unione europea», o termini equivalenti;
c) per i vini vinificati in uno Stato membro con uve vendemmiate in un altro Stato membro, utilizzando i termini «vino dell’Unione europea» oppure «vino ottenuto in […] da uve vendemmiate in […]», riportando il nome degli Stati membri di cui trattasi;
d) per i vini ottenuti da una miscela di vini originari di più paesi terzi, utilizzando i termini «miscela di […]», o termini equivalenti, completati dal nome dei paesi terzi di cui trattasi;
e) per i vini vinificati in un paese terzo con uve vendemmiate in un altro paese terzo, utilizzando i termini «vino ottenuto in […] da uve vendemmiate in […]» riportando il nome dei paesi terzi di cui trattasi.
Come si può notare dal predetto elenco e, più in generale, da quanto sopra brevemente esposto, la disciplina in materia di etichettatura dei prodotti alimentari non è contenuta in una fonte unica e prevede, oltre che una moltitudine di regole generali, delle regole più “speciali”, che variano da prodotto a prodotto anche all’interno della medesima categoria.
Le bevande spiritose e la birra
A riprova di quanto precede, ricordiamo ad esempio che le regole che valgono per i prodotti vitivinicoli non sono sempre le stesse che valgono anche per altri prodotti appartenenti alla più generica categoria delle bevande alcoliche.
Ad esempio, la disciplina relativa alle bevande spiritose è contenuta nel Regolamento UE n. 787/2019, che prevede regole specifiche che vanno ad integrare il Regolamento UE n. 1169/2011 e che valgono – tra l’altro – per la designazione e presentazione delle informazioni che devono essere apposte sulle etichette delle bevande spiritose. Per quanto qui di interesse, come espressamente stabilito nell’art. 14 del suddetto Regolamento, tale indicazione si identifica con il luogo di provenienza di una bevanda spiritosa, che non sia un’indicazione geografica o un marchio d’impresa, sia indicato nella designazione, nella presentazione o nell’etichettatura della bevanda spiritosa, esso corrisponde al luogo o alla regione in cui è avvenuta la fase del processo di produzione che ha conferito alla bevanda spiritosa finita il suo carattere e le sue qualità distintive essenziali (si noti come – a differenza dei prodotti vitivinicoli – il concetto di provenienza coincide con il concetto di origine) e precisa inoltre che l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di cui al regolamento (UE) n. 1169/2011 non è obbligatoria per le bevande spiritose.
Tuttavia, come precisato al considerando 20 del predetto Regolamento, l’apposizione in etichetta di tale indicazione è una scelta discrezionale degli operatori del settore alimentare, in quanto questi potrebbero voler indicare il luogo di provenienza di una bevanda spiritosa per richiamare l’attenzione dei consumatori sulle qualità del loro prodotto.
Ancora, la disciplina relativa alla birra non viene definita esclusivamente a livello comunitario, ma trova specifica normativa a livello nazionale, inter alia nella legge n. 1354/1962. L’art. 12 della predetta legge prevede che in etichetta debbano essere presenti il marchio, il nome o la ragione sociale del produttore e la sede dello stabilimento di produzione, oppure il nome o la ragione sociale dell’imbottigliatore, nonché la sede dello stabilimento imbottigliatore con la seguente dizione: “impresa imbottigliatrice…” nel caso di birra di provenienza estera ed imbottigliata in Italia (art. 19 legge n. 1354/1962).
Ebbene, a fronte di fonti normative diverse, si può notare come, anche per il prodotto birra è necessario identificare i) il produttore o l’imbottigliatore e ii) il relativo stabilimento di produzione del prodotto.
L’articolo della rubrica “Sos Etichetta” è curato dal team IP&Adv di DGRS Studio Legale: Ilaria Gargiulo, Margaux Falzone e Giulia Bolis.
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